martedì 29 marzo 2011

Memorial Spadino 2011

Piccolo report per un appuntamento importante
Considero il Memorial Spadino un appuntamento quasi irrinunciabile. Se non ci sono impegni insormontabili prenoto una stanza dalle parti di Courmayeur e andiamo. 
Forse non è facile comprendere cosa ci porta a percorrere un migliaio di chilometri di autostrada per partecipare ad un ritrovo che si conclude in mezz'ora. Già, ma non è neppure facile spiegarlo. Eppure è una sensazione piacevole, importante. 
Il Memorial Spadino non è un motoraduno, non c'è spettacolo, non offre nè grandi abbuffate nè sonore bevute. E neppure musica o sexy show. 
Il Memorial Spadino è un viaggio, una testimonianza di amore per la moto e per la vita, per dire "ci siamo anche noi, rivendichiamo il diritto alla nostra sicurezza". 
Spadino, il suo gesto sono un pretesto, certo, per ritrovarci una volta all'anno per qualcosa di importante, per farci sentire parte di una comunità senza confini (il gemellaggio con i motard della FFMC che in corteo raggiungono il versante italiano del traforo è simbolicamente molto importante).
Ah, già, ma cos'è il Memorial Spadino? 
Lo spiega il comunicato del Coordinamento Motociclisti: "Il 24 marzo 1999 un camion prese fuoco fermandosi all'interno del tunnel del Monte Bianco. L'incendio, alimentato dalle materie combustibili presenti nel veicolo ed amplificato dall'effetto forno causato dal tunnel fu presto fuori controllo. Quando, dopo oltre due giorni di lavoro, i pompieri italiani e francesi domarono l'incendio, tra le carcasse bruciate e all'interno dei rifugi posti a lato del tunnel, che non erano stati in grado di salvare chi vi aveva cercato scampo, contarono 39 vittime. 
Una di queste vittime si chiamava Pierlucio Tinazzi, detto "Spadino" per la sua esile corporatura. Pierlucio era un addetto alla sicurezza della Società Italiana del Tunnel del Monte Bianco, un lavoro da sogno per un appassionato motociclista, perchè il suo mezzo di lavoro era proprio la sua moto. Quando vide l'incendio cercò di sfruttare proprio l'agilità del suo mezzo di servizio per salvare quante più vite umane potesse, pur sapendo che ciò avrebbe messo a rischio la propria. 
L'entrata nel tunnel però gli fu fatale: lo trovarono, insieme ad un camionista che evidentemente non era riuscito a portare in salvo, all'interno di uno dei rifugi antincendio, che a causa dell'enorme calore e della durata del rogo si era trasformato in un forno mortale. 
Da allora, ogni anno, i motociclisti di tutta Europa, chiamati a raccolta dal Coordinamento Motociclisti, e con la collaborazione dei "cugini" della Fédération Française des Motards en Colère, si riuniscono all'ingresso del tunnel, per ricordare uno di loro: Spadino! 
Il Memorial Spadino, da sempre, oltre che una commemorazione è anche una dimostrazione di amore per la moto e la vita, da parte dei motociclisti nei confronti delle autorità pubbliche e degli amministratori locali, ai quali si chiedono impegni ed atti concreti sui temi legati alla sicurezza stradale. "
Nel 2011, esattamente domenica 27 marzo, alle 14.30 i motociclisti si sono ritrovati a Morgex, e poi, in corteo, sono saliti al Piazzale del Tunnel.
Il ritrovo a Morgex:

La salita al Piazzale del Tunnel:

La commemorazione:





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Per partecipare a questo Memorial Spadino, Claudia ed io ci siamo presi tre giorni.
Il sabato per arrivare a Courmayeur, allungando un po' il tragitto per provare le Tourance della Stelvio per la prima volta sulla Panoramica Zegna (strada splendida, ancora in mezzo ad un paesaggio invernale fatto di neve, strade salate e piste di sci in funzione... peccato la foschia che ha reso poco panoramico il panorama).




La serata l'abbiamo passata a smaltire, camminando per il centro della scintillante Courmayeur, i postumi dell'ottima cena al Vieux Pommier.


La domenica mattina, in attesa dell'orario di ritrovo, siamo andati a fare un giretto in Valgrisenche (fino al Barrage de Beauregard) e poi salendo al Colle di San Carlo e La Thuile.







Lo "Spadino": quest'anno forse le orride previsioni meteo avranno portato qualche centinaio di motociclanti a rinunciare, ma il piazzale di Morgex era comunque pieno. Ed anche i motard francesi che ci attendevano al Traforo erano numerosissimi. Credo che parlare di mille, millecinquecento moto non sia molto lontano dalla realtà.
E al di là dei numeri, la commozione nel ricordare l'esempio di "eroe normale" di Pierlucio Tinazzi, e il diritto alla sicurezza di tutte le altre vittime della strada (tra cui le 39 vittime dell'incendio del Traforo), i caschi alzati nel silenzio delle Alpi in loro ricordo... beh... ne vale la pena, eccome se ne vale la pena. 
E poi è sempre bello ritrovare, anno dopo anno, vecchi amici e brutte facce che... sì, anche se ci si vede per pochi minuti e ci si saluta velocemente, si ha la sensazione davvero di essere una famiglia, una grande famiglia diffusa in tutt'Europa...

Il lunedì è dedicato al rientro. Con calma, prima completiamo gli acquisti (formaggio, lardo di Arnad, Genepy Ottoz fino a riempire le borse)... poi scendiamo la statale della Val d'Aosta e ad Issogne attraversiamo il fiume, passando per Arnad e Hone, e risalendo la splendida Valle di Champorcher (dalla quale si ha una vista mozzafiato, oltre che sulle Montagne circostanti, sul forte di Bard).
Il rientro passa per il biellese, con una sosta al Ristorante L' Burnel di Nomaglio (consigliato: pasto completo e cordialità a 11 euro a testa, compresa ricevuta fiscale).






Beh: spero proprio di poter già mettere in agenda, per il 2012, la prossima edizione dello Spadino!
Gattostanco, 29 marzo 2011

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L'itinerario:



Un consiglio per la sosta a Courmayeur: il Vieux Pommier (B&B e ristorantino davvero notevole)



domenica 20 marzo 2011

Primo passaggio 2011 da Mandrioli e Calla ;-)

Il Passo dei Mandrioli ed il Passo della Calla sono ormai ben transitabili (occhio però tra La Calla e Campigna... la strada è molto sporca per il brecciolino del disgelo... e oggi, 20 marzo, quasi primavera, il termometro è ancora sceso fino a zero gradi)
...l'Alpen Bar, però è ancora chiuso, quindi per il cibo, in quel di Campigna, è necessario rivolgersi allo Scoiattolo (oppure fare come me: allungare un po' l'itinerario e, tra i Mandrioli e la Calla, "fare un salto" alla Consuma per una schiacciata con i funghi porcini ... )

La salita al Passo dei Mandrioli, il 'piccolo Stelvio' ;-)



D'inverno si vedono cose che d'estate sono nascoste dalla vegetazione...


Occhio nel tratto che va dal Passo della Calla a Campigna... la strada è ancora molto sporca e piena di ghiaia (e oggi la temperatura è scesa, alle tre del pomeriggio, a zero gradi :roll: )


Sob... ovviamente l'Alpen Bar è chiuso...

Campigna:


Il nuovo lago, sotto Corniolo, provocato dalla frana...

...la frana.

...beh: fino a stamattina non eravamo sicuri di essere liberi per un giretto, ed invece è stata un'ottima giornata ;-)

martedì 15 marzo 2011

Itaglia 150

C'è un bel commento di Massimo Gramellini, pubblicato su La Stampa di oggi. Fa riflettere, dovrebbe far riflettere... eccolo:
Andrea Carandini, archeologo di fama mondiale, ha lasciato la presidenza del Consiglio superiore dei Beni culturali: i troppi tagli al bilancio gli impediscono di continuare a svolgere seriamente il suo mestiere. Non sappiamo a chi Carandini abbia materialmente rassegnato le dimissioni, dato che il ministro Bondi non esce di casa da mesi.
Però ci piacerebbe almeno sapere che cos’ha fatto di male la cultura a questo Paese per meritarsi un disinteresse così suicida. Nonostante molti lo ignorino o addirittura lo disprezzino, il patrimonio artistico e culturale è l’unico petrolio su cui siamo seduti, nonché la principale e forse unica ragione per cui il mondo si ricorda ancora ogni tanto della nostra esistenza.
Una classe dirigente di buon senso taglierebbe ovunque, tranne lì. Se poi fosse anche una classe dirigente illuminata, proverebbe a immaginare un’Italia diversa. Un’Italia del bel vivere, punteggiata di musei accoglienti, siti archeologici spettacolari e teatri lirici con un cartellone di Verdi e Puccini pensato apposta per i turisti.
Un’Italia degli agriturismi e dei centri benessere. Dei mari e delle coste ripulite da tutte le sozzure. Dei pannelli solari installati sui tetti di tutte le abitazioni private. Dei prestiti facili alle cooperative giovanili che propongano iniziative originali nell’arte, nello spettacolo, nella moda e nel turismo di qualità. Un’Italia verde e profumata, il polo attrattivo di tutto ciò che è bello.
Saremmo più felici e più ricchi. Ma soprattutto saremmo quel che ci ostiniamo a non voler essere: italiani.

martedì 8 marzo 2011

Umberto Veronesi: 'Ho fatto il testamento biologico'

Pubblico un bell'articolo di Umberto Veronesi pubblicato su La Stampa dell'8 marzo 2011:
Io ho fatto il testamento biologico qualche anno fa, e per tre motivi.
Per riaffermare le mie convinzioni sulla libertà di disporre della propria vita.
Per l’amore profondo verso i miei familiari, che non voglio siano mai straziati dal dubbio sul che fare della mia esistenza.
Per il rispetto verso i medici che si prenderanno cura di me.
Ho voluto anche renderlo pubblico: «Io sottoscritto Umberto Veronesi, ..., nel pieno delle mie facoltà mentali e in totale libertà di scelta, dispongo quanto segue: in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno (nutrizione e idratazione)... Queste mie volontà dovranno essere assolutamente rispettate dai medici che si prenderanno cura di me...».
Considero il testamento biologico l’atteggiamento più corretto soprattutto verso i medici curanti, cioè verso chi si troverà, concretamente, ad avere la responsabilità terapeutica di un individuo non più consapevole.
Nel febbraio 2009 il giurista Stefano Rodotà, argomentando intorno al caso di Eluana Englaro, ha scritto: «Proprio nell’art. 32 il tema della costituzionalità della persona si manifesta con particolare intensità. Dopo aver considerato la salute come diritto fondamentale dell’individuo, si prevede che i trattamenti obbligatori possono essere previsti solo dalla legge, e tuttavia “in nessun caso” possono violare il limite imposto dal “rispetto della persona umana”.
E’, questa, una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall’articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice.
Nell’articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell’esistenza, della necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all’ indicibile.
Nessuna volontà esterna, fosse pure coralmente espressa da tutti i cittadini o da un parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell’interessato. Siamo di fronte a una sorta di nuova dichiarazione di Habeas corpus, a un’autolimitazione del potere».
Il testamento biologico, che certifica la volontà dell’interessato, è quindi lo strumento più adatto a far sì che nessuna volontà esterna possa prevalere.A questo principio si ispirò nel 1997 la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, il cui articolo 9 prevede che vengano tenuti in considerazione «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà ».
Per quanto riguarda il nostro Paese, il 18 dicembre 2003 il Comitato nazionale per la bioetica approvò un documento in cui si auspicava un intervento del legislatore volto a obbligare il medico a prendere in esame le dichiarazioni anticipate di volontà e a motivare ogni diversa decisione in cartella clinica.
Purtroppo tutto si è fermato per il timore, da parte di chi è contrario all’eutanasia, che proprio il testamento biologico le aprisse un varco.
Così nella primavera del 2010, mentre una perfetta operazione mediatica presentava con grande risalto l’entrata in vigore della legge che organizza e finanzia le cure palliative, alla Camera, dov’è in gestazione la legge sul testamento biologico, passava tra le proteste di pochi un emendamento che inficia gravemente il diritto all’autodeterminazione del paziente: alimentazione e idratazione artificiali non possono costituire oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento.
Se dovessero risultare inutili o dannose, saranno i medici a decidere.
Ma i cittadini italiani vogliono veramente affidare ai medici la decisione su come desiderano morire?
Tramite la Fondazione Veronesi, all’inizio del 2007 volli affidare la risposta a un sondaggio, che è stato effettuato su un campione significativo di 4300 maggiorenni, e realizzato dall’Ispo, l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione.
Prima di parlare degli altri aspetti emersi dalla ricerca, mi sembra fondamentale rispondere alla domanda più importante, che il legislatore non può far finta di ignorare: a chi spetta la decisione?
Agli intervistati è stato sottoposto un quesito molto dettagliato: «Se una persona è affetta da una malattia o lesione cerebrale irreversibile che le impedisce di esprimere la sua volontà e la costringe alla dipendenza da macchine, a chi dovrebbe aspettare la decisione di non somministrare o eventualmente sospendere i trattamenti che la tengono artificialmente in vita?».
Ebbene, ecco le risposte: solo il 5% degli intervistati ha detto che la decisione spetta al medico che ha in cura il paziente (in ospedale, in reparto di rianimazione, a casa), mentre il 50% ha risposto che la decisione spetta al paziente che ha espresso la proprio volontà in merito quando ancora era in piena lucidità mentale.
Questa risposta è stata data dalla metà di coloro che si erano posti il problema e dal 40% di coloro che non se l’erano mai posto. Questa risposta mi sembra assolutamente illuminante e nettamente prevalente rispetto alle altre, che comunque riporto: il 20% ha risposto che la decisione spetta a un familiare (coniuge/ genitore/figli o altri parenti), il 20% che la decisione non spetta a nessuno perché «la vita è un dono e bisogna fare di tutto per tutelarla», un altro 5% affida la decisione «a una commissione etica di esperti», e un residuo 1% «a un giudice/magistrato».

Il brano è tratto dal nuovo libro di Veronesi «Il diritto di non soffrire» (Mondadori)

domenica 6 marzo 2011

Giretto scalda-olio tra i passi innevati

Dopo un mese di w-e orrendi, finalmente una domenica col sole! 
E dopo che, nei giorni scorsi, sugli Appennini ha nevicato abbondantemente. 
Visto che a Campigna danno un'altezza neve di 180/250 centimetri, ovviamente scegliamo, per il classico giretto scalda-olio   un itinerario basato su passi più bassi. 
Eccolo (Ravenna, Forlì, Meldola, Cusercoli... etc)... da Cusercoli in direzione di Voltre:
Gli appennini innevati sono fantastici, ed oggi, finalmente, c'è pure il sole!!!


Direzione Passo del Carnaio 

Passo del Carnaio
Il vulcanetto prima del Passo della Busca
Dopo il Passo della Collina
Mappa dell'itinerario: