martedì 6 novembre 2001

Se la chiesa detta legge nella scuola

Se la chiesa detta legge nella scuola, un articolo di Miriam Mafai su "La Repubblica" del 6 novembre 2001

A ruolo gli insegnanti di religione
SINGOLARE paese il nostro, dove la Dc per 50 anni partito di maggioranza e di governo non ha mai proposto il finanziamento della scuola privata (ci provò, per la verità, nel 1964 il povero Moro limitatamente alla scuola materna, ma fu sconfitto e costretto alle dimissioni), dove la stessa Dc, sempre maggioranza in Parlamento, ha consentito che venisse approvata, nel 1970 la legge sul divorzio e nel 1978 la legge sull'aborto, leggi laiche che rendevano lecito di fronte allo Stato ciò che per la Chiesa era e resta reato e peccato. Dovremo, alla fine, rimpiangere quella Dc?

Pronti a indignarci, giustamente, di fronte alla realtà di paesi nei quali non esiste distinzione tra legge dello Stato e norme della religione, rischiamo oggi di sottovalutare i rischi, presenti nel nostro paese, di un indebolimento e di una perdita del principio della laicità, a vantaggio di un pigro adattarci a norme o richieste che ci giungono dall'altra parte del Tevere.

Quel Tevere che, contrariamente a quanto pensavamo, non si è fatto in questi anni più largo, ma più stretto. 
Da anni infatti, da quando il nostro quadro politico è mutato, l'intervento della Chiesa si è fatto, contrariamente alle previsioni e alle attese, sempre più preciso e puntuale. Non di rado il suo intervento ci richiama al rispetto di grandi principi, l'amore per il prossimo, l'attenzione e la cura per i più deboli e bisognosi. Ma altrettanto e forse ancora più spesso, le gerarchie intervengono nelle vicende italiane, richiamando i nostri politici italiani al rispetto di principi che sono propri della Chiesa, ma che, se applicati, farebbero del nostro un paese assai singolare nel quadro europeo, a sovranità limitata, dimentico di ogni concezione laica dello Stato. 
Ecco allora la condanna aspra della fecondazione artificiale, dell'uso delle cellule staminali, della «pillola del giorno dopo», dell'aborto, delle coppie non regolarmente sposate o dei comportamenti sessuali definiti «devianti».

Intendiamoci, tutto questo è più che legittimo. 
E nessuno chiederà mai ad una donna cattolica di abortire, o di ricorrere alla fecondazione eterologa, o alla «pillola del giorno dopo». Uno stato laico consente, non impone.

Ma desta allarme il fatto che, più di ieri ci siano oggi, istituzioni e uomini politici disposti ad accettare e far proprie posizioni e richieste delle gerarchie, traducendole – o annunciando di volerle tradurre - in nuove disposizioni di legge.

Ecco farsi allora in molte regioni italiane governate dal centro destra, farsi sempre più difficile il ricorso alla legge 194; ecco prevedere aiuti alle famiglie discriminando quelle che non siano regolarmente sposate, e così via.

E sono di questi giorni due episodi allarmanti, di rinuncia da parte dello Stato alla propria autonomia e laicità. Protagonista di ambedue questi episodi è il ministro Moratti. 
Il primo: un bravo e assai popolare sacerdote, assiduo frequentatore di trasmissioni televisive, è stato scelto dal ministro come presidente di un comitato che dovrebbe elaborare un «Codice Deontologico» per gli insegnanti italiani. Ammesso e non concesso che si sentisse il bisogno di un apposito codice deontologico per gli insegnanti, che senso ha chiamare il cardinal Tonini alla presidenza se non affermare il principio secondo il quale l'unica etica possibile (per gli insegnanti, ma forse anche per gli alunni e i loro genitori) è quella dettata dalla Chiesa? 
Ma veniamo a un secondo episodio che vede sempre come protagonista il ministro Moratti. Gli insegnanti di religione, nominati dalle rispettive diocesi e da queste revocabili, sono già stati messi, nonostante obiezioni e proteste, a carico del bilancio dello Stato.

Ora, secondo una proposta della stessa Moratti, che il Consiglio dei ministri dovrebbe esaminare la prossima settimana, molti di questi 13.000 insegnanti potrebbero passare a ruolo, dopo avere superato un concorso, con un aggravio del bilancio del ministero e in violazione di tutte le norme che regolano lo stato giuridico degli insegnanti.

Due esempi soltanto, per adesso ma particolarmente rilevanti per il settore, quello della scuola, nel quale si annuncia volerli mettere in atto. E a questi potremmo aggiungere quella sorta di delega alla Comunità di S. Patrignano della campagna e della battaglia contro l'uso delle droghe recentemente annunciata dal vicepresidente Fini e dalla stessa Moratti, rinunciando anche in questo settore alla iniziativa e al ruolo delle istituzioni dello Stato.

Vale la pena dunque di ricordare, per evitare il rischio di uno scivolamento verso una forma, più o meno velata di fondamentalismo, che il nostro è o dovrebbe essere uno Stato laico, come fissato dall'articolo 7 della Costituzione e da una non dimenticata sentenza della Corte Costituzionale.

E non ci si accusi, nel momento in cui denunciamo questi pericoli di «integralismo laicista». Il vero pericolo che corriamo è un altro, quello di diventare, di fronte al Vaticano un paese «a sovranità limitata».

Miriam Mafai

"La Repubblica On Line"

domenica 9 settembre 2001

Giro delle Alpi... parziale :-(

Settembre 2001 si parte per il giro delle Alpi: l'obiettivo era iniziare dal Trentino, percorrere Lombardia, Svizzera, Piemonte, Valle d'Aosta, Francia e scendere dal Cuneese... ma freddo, maltempo e neve ci hanno imposto una riduzione dell'avventura... peccato.
Ma questa esperienza pone le basi per organizzasi meglio il prossimo anno.
Il Passo Manghen, fortemente consigliato da appassionati locali, è veramente splendido... peccato l'asfalto bagnato...
Quando un distributorista, per fare 'conto pari' NON ti ha fatto il pieno, qunindi ...SPUT ...SPUT. Poi ti accorgi che ti sei dimenticato di riportare il rubinetto della benzina lontano dalla posizione 'riserva'... sono  A...GUAI!!! Per fortuna il distributore era subito dopo la ...curva in discesa :-)
Uscire dal canyon della Val d'Ega è un vero peccato (tanto è bella la strada), ma vicino al Lago di Carezza ci sono insegne altrettanto divertenti...
Quante volte, da bambino, ho valicato il S.Pellegrino (in auto, con i genitori, diretto in Val di Fassa). Non l'avevo mai fatto in moto: un percorso ancora molto divertente! 
Che si può dire del Sella... tragitto scontato? Sicuramente sì, ma le strade dolomitiche sono sempre splendide, come è altrettanto splendido poi scendere verso il Fedaia!
Le Piramidi di Segonzano... in moto sono raggiungibili grazie ad una strada panoramica stretta, ripida ma... incantevole.
Stelvio: altro passo che ormai è scontato trovare in un itinerario sulle Alpi... però ogni volta che lo raggiungo mi sento protagonista di una piccola avventura! 
Quest'anno lo Stelvio l'ho raggiunto ...vestito da tirolese! Grazie per il gradito e gentile omaggio dei simpaticissimi (e bravi) gestori del Piccolo Hotel Langeshof di Anterivo. Anterivo è fuori dal mondo, una paesino isolato ed immerso nei prati, nei boschi e nella natura... vale veramente una sosta!
Sopra Madesimo, in mezzo agli alpeggi, il Rifugio Mai Tardi... sulle tracce del Grabunden Moto Tour di Internet Riders of Italy!!!
Ma dopo il freddo (che ci aveva accompagnato sin dall'inizio del viaggio) arriva anche l'acqua. Ecco, in Svizzera, non abbiamo trovato un centimetro di asfalto asciutto... qui siamo a Splugen, dopo aver affrontato in mezzo ad una tormenta, i bellissimi tornanti dello Spluga
JulierPass (CH), settembre 2001. Gattostanco pensoso: '...dove ho messo le catene?'
JulierPass (CH), settembre 2001. Gattostanco: 'Si scende anche senza gomme chiodate?'
Uomini dell'ANAS, incontrati una mattina al 'Mai Tardi' ci sconsigliano fortemente di passare lo Splga: neve e vento forte. Le previsioni sono pessime. Con che spirito affronteremo poi i passi che portano in Val D'Aosta? E allora una decisione dettata dal cervello (contro il volere del cuore): il gran giro delle Alpi 2001 viene interrotto. Se ne riparlerà il prossimo anno. Intanto, per scendere, andiamo a percorre il Crocedomini. Passo belissimo, che mancava alla mia collezione.
Sul Lago di Garda ritroviamo il sole e una temperatura settembrina... e tanti altri motociclisti che, probabilmente, sono migrati DAL NORD verso i tepori del lungolago...
Un grazie a Claudia, più che zavorra efficientissima navigatrice, che mi consente di guidare senza badare troppo all'orientamento!!!

"Le strade con poco traffico sono più gradevoli, oltre che più sicure, e anche quelle senza autogrill e cartelloni, strade dove boschetti e pascoli e frutteti si possono quasi toccare, dove i bambini ti fanno ciao con la mano e la gente guarda dalla veranda per vedere chi arriva; quando ti fermi per chiedere informazioni la risposta tende ad essere più lunga del dovuto invece che più corta, e tutti ti domandano da dove vieni e da quanto tempo sei in viaggio."
(Robert M. Pirsing)


L'originale in HTML sul sito di gattostanco






domenica 3 giugno 2001

Mario Rigoni Stern: 'La Repubblica nata nei lager'

Ripropongo uno splendido articolo di Mario Rigoni Stern pubblicato, su La Stampa, all'indomani del 2 giugno 2001

NEL 1939 Mussolini, in un discorso alle grandi manovre, aveva gridato «... quest’anno il congedo non verrà!».
La classe di leva era il 1917 e da allora incominciò a cambiare qualcosa. 
I veci smisero di cantare l’allegra canzone dei congedanti ma anche un’altra che era nata alla fine dell’Ottocento, composta, secondo la tradizione del 6° Alpini, dal tenente Magliano. Diceva: «Sul cappello portiamo il trofeo / dei reali di Casa Savoia / Lo portiamo con fede e con gioia...».

Poi, nel giugno 1940 andammo sulle Alpi Occidentali cantando: «Con il fucile novantuno / che quando spara non fa fumo / e con il settantacinquetredici la Francia tremerà...». 
Il fucile modello 1891 era quello dei nostri padri nella Prima guerra mondiale; il 75/13 l’obice Skoda di preda bellica, già in uso nell’Esercito austro-ungarico.

Nella disgraziata campagna contro la Grecia nacque la più triste canzone di guerra: «Sul ponte di Perati bandiera nera / l’è il lutto degli alpini che van a la guerra ...».

Francia, Africa, Grecia, Balcani, Russia... Vennero anche il 25 luglio e l’8 settembre 1943... 
Quelle discussioni nelle lunghe ore della fame. Fu lì, nelle baracche del Lager 1/B, nella Masuria, che vedemmo definitivamente chiaro: basta con i re, basta con il duce!

Non eravamo acculturati politicamente, non avevamo avuto maestri, elementari le nostre scuole ma, oramai, eravamo carichi di esperienze, anche se giovani. 
Dicevamo, nelle ore del freddo e della fame: «Quando ritorneremo in Italia bisogna cambiare: repubblica!».

E con che forza quel 2 giugno di 55 anni fa calcammo la matita copiativa sulla scheda che indicava repubblica contro re e duci e su quell’altra per l’Assemblea Costituente che aveva il compito di elaborare e votare la nuova Costituzione. 
Era la prima volta che noi, generazioni cresciute sotto il fascismo, e le donne avevamo il diritto di voto. 
Era l’Italia che ci aveva chiamato a farlo. Quella povera Italia che - per fortuna! - aveva perduto la guerra e sulle montagne, con la Resistenza, ritrovata la libertà.

Era un’Italia rotta, affamata, lacera nella quale tutti i partiti collaborarono in solidarietà nazionale che permise una ricostruzione straordinaria.

Questo pensavo poco fa guardando alla televisione la rivista prima e la sfilata poi per la Festa della Repubblica.

E lì, a rappresentare l’Italia, c’era sul palco delle autorità un presidente senza pennacchi e medaglie, sereno nel suo vestito della festa; sorridente salutava, e davanti a lui non c’erano aquile romane o croci uncinate ma tante bandiere d’Europa e la gente applaudiva e le donne buttavano fiori, i bambini seduti per terra si divertivano e non sfilavano in divisa. 
Passavano davanti ai nostri occhi tanti anni di storia e di sofferenze, vedevamo il trascorrere dei decenni, di epoche ormai, e alla fine ci veniva di fare delle considerazioni: erano in questa festa del 2 giugno più i servizi civili e per la pace che non quelli per la guerra. Che bello!

Mario Rigoni Stern

da La Stampa On Line

sabato 24 marzo 2001

Memorial Spadino 2001

Spadino era Pierlucio Tinazzi, un motociclista morto nel rogo del Tunnel mentre cercava di salvare, con la sua moto, delle vite umane. Lui poteva vivere, ma ha prima portato in salvo un automobilista, poi è rientrato per continuare la spola con il suo agile mezzo a due ruote, finchè non ne è più uscito.
Ogni anno, il Coordinamento Motociclisti organizza una piccola ma commovente cerimonia, e centinaia di motociclisti salgono al Bianco portando un fiore. Il 24 marzo eravamo oltre cinquecento, e queste poche istantanee sono la testimonianza che valeva la pena esserci!
I MOTOCICLISTI NON DIMENTICANO Pierlucio Tinazzi, detto "Spadino", era un motociclista che lavorava per la Società Traforo del Monte Bianco. Il suo lavoro consisteva nel percorrere il tunnel in moto per verificare che tutto fosse a posto. Il 23 marzo 1999 un camion si è incendiato in galleria, provocando in poco tempo un incendio di enormi proporzioni, nel quale hanno perso la vita alcune decine di persone. Mentre il fuoco divorava tutto, Spadino entrava e usciva dal fumo nero con la sua moto, portando in salvo diverse persone. Finchè non è rimasto in trappola, chiuso in una "cabina di sicurezza" con il camionista che voleva portare via da lì.
IL MIO 'SPADINO 2001':
Carisio
Sabato mattina sveglia alle 6 e qualcosa, poi alle 7.15 il Tdm punta in direzione Monte Bianco.
Sosta alle 8.05 all'area di servizio di Secchia (MO) per continuare il viaggio con Sandro Cattani, poi a Muggiano il ritrovo con "i Milanesi" (in realtà coloro che hanno scelto di raggrupparsi a Milano, perchè ci sono anche toscani ed emiliani. Ne ricordo solo alcuni: Alessio Masi, Delfo, Carlo Cattaneo, Mirko Sassi il WebMaster di Mototuristi - lui è di Reggio, ma la sua dolcissima e bionda metà è milanese purosangue - e tanti altri).
Nuovo appuntamento al Casello di Carisio. Lì ci sono il noto "listmaker" Pollix, la GoldWing di Fabio "TuZZìo" Selva con a bordo il figlioletto Jacopo, Johnny e Federica, Davide e Barbara con le gloriose Ducati Indiana, Lucy (che arriva, da sola, da Gorizia in sella ad un mono XT) ... zip ... poi Carlo Romano e Mike Urru, che ci faranno da guida fino all'indomani.
A Morgex
Tanti altri e tanti visi a me sconosciuti ma nomi ben presenti nelle Mailing List di mototuristi o del Coordinamento Motociclisti.
Oppure i cappellini neri con le lettere oro di Internet Riders, quelli di "Piano, ma pienti!".
Fra tutti spicca, inconfondibile, l'algida chioma e la bianchissima barba di Babbo Natale, quello vero, quello che solo i motociclisti italiani possono considerare come loro collega: Paolo Schiannini.
Tutti insieme raggiungiamo il punto di ritrovo a Morgex, ci facciamo spennare nell'unico locale a portata di piazzale, ma poi la colonna che sale a Tunnel è da brividi.
A Morgex
Non so se qualcono del Coordinamento Motociclisti si sia messo a contarci tutti, ma credo fossimo oltre cinquecento moto. Cinquecento moto che portavano un simbolico omaggio ad un motociclista che è morto per cercare di salvare altre vite umane. E' morto pur potendo salvarsi.
E' giusto che sia ad esempio di una categoria, quella di noi motociclisti, spesso considerata quale accozzaglia di brutti, sporchi e cattivi. Non è così, ed è importante, anche per noi, farlo capire a più gente possibile!

Riccardo Forte, presidentissimo del CM non ha fatto alcun comizio. Poche parole, toccanti, vicino ai fiori ed alla piccola targa commemorativa.
Verso il Tunnel
Poi via. Molti si sono fermati a Courmayer, noi, in un piccolo gruppetto, abbiamo raggiunto Cossato, vicino a Biella, accuditi dagli "indigeni" Carlo Romano, Mike Urru (l'uomo che piega con la GoldWing come con un Monster), Roberto, Mario. Babbo Natale, Davide & Barbara, Aldo, Claudia ed io, a cena, ad Oropa, poi al mattino dopo una breve escursione al Lago d'Orta.
Il rientro a Ravenna lottando contro un vento laterale che faceva sbandare anche il Tdm in versione StationWagon.

Qualcuno, a casa, ci ha chiesto se ne valeva le pena.
Al Tunnel
del Monte Bianco
Già: vale la pena lasciare in garage la quattroruote con l'aria condizionata, l'abs, gli airbags per prendere questo frullatore a due ruote che, a carico, pesa un casino?
Vale la pena alzarsi presto di sabato mattina, infilarsi il casco e sudare dentro alla giacca imbottita ogni volta che ci si ferma, mentra quando si viaggia e va via il sole l'aria è ancora fredda?
Vale la pena fare più di 1.000 chilometri in due giorni con la scusa di commemorare Pierlucio Tinazzi, Spadino, un motociclista che è morto da eroe dentro al rogo del Monte Bianco ma che tu, ovviamente non hai mai conosciuto?

La vita è fatta di ricordi e di esperienze, di sensazioni e di amicizie. Questo è partecipare ad un'iniziativa come il "Memorial Spadino".
Grazie a chi organizza eventi come questo, grazie a chi vi partecipa in amicizia, grazie a chi ti accoglie e ti regala un sorriso e un lampeggio, queste sensazioni e questi ricordi positivi e duratori ti accompagneranno a lungo.
Per questo sì, sicuramente ne valeva la pena.
Babbo Natale (alias Paolo Schiannini)


Al Tunnel
Il ricordo di Riccardo Forte