lunedì 20 ottobre 2014

Il trasporto-bici senza portabici... funziona :-)

Il vantaggio della C-Max è che i tre sedili posteriori sono removibili (anche se, essendo la versione Gpl, il pavimento del bagagliaio è rialzato di sette/otto centimetri rispetto alle versioni diesel/benzina).
Pensa-e-ripensa (barre sul tetto... ma poi ci vuole lo scaletto per arrivarci, portabici posteriore... ma poi i sensori di parcheggio?, portabici interno... ma poi lo scalino del bagagliaio???), alla fine ho trovato una soluzione artigianale e a costo "quasi zero". Ecco qua:


Smontate (ovviamente) le due ruote davanti, le due bici le ho praticamente appoggiate ai sedili anteriori (protetti con un telo dall'eventuale sporco e/o sfregamenti), e le ho fissate con due elastici con ganci ai poggiatesta anteriori legandole in zona cannotto/attacco manubrio.

Le estremità interne dei due manubri, poi, li ho unite con un 'tubo' di cartone (irrigidito con del nastro americano), affinchè non si muovessero proprio per niente.

Dietro, le due ruote posteriori le ho unite, con due nastrini di stoffa, alle due ruote anteriori che, smontate, fungevano da una sorta di 'ponte' posteriore, che irrigidiva tutto.
Ai lati, tra i fianchetti e le ruote posteriori, gli zaini o un vecchio cuscino, in modo che le ruote non potessero appoggiarsi alla tappezzeria o alle plastiche delle fiancate  

Sotto, per evitare di sporcare la tappezzeria con l'olio della catena o con il fango, un telo realizzato con due sacchi del rusco :happy: 

La bici di Claudia (26 di telaio piccolino) ci sta anche senza rimuovere la sella, nella mia, ovviamente, la sella va tolta (ed ho segnato l'altezza sul tubo).

Spesa totale: circa 5 euro (nei due elastici lunghi un metro con ganci (comprati a Decathlon), e qualche decimetro di nastro americano per irrigidire il 'tubo' per le estremità dei manubri.

L'accrocchio è stato poi testato sia sulle temibili buche della E-45, sia sui tornanti del Passo dei Mandrioli: qui

giovedì 9 ottobre 2014

Dall'Oregon, un esempio di civiltà

Mi ha colpito molto questo bellissimo articolo pubblicato su La Stampa del 9 ottobre, che dovrebbe far riflettere sull'importanza della libera scelta per quanto attiene la nostra vita.
E dovrebbe far riflettere (ed anche incazzare) sul fatto che in Italia (come in molti altri Stati) esistono invece leggi liberticide che impediscono all'individuo di scegliere.
Ma se per i clericali la vita è di un dio e la sofferenza è un privilegio che porta in paradiso, e a nessun ateo verrebbe l'idea di imporre un'eutanasia, la potenza dei bigotti invece continua ad imporre le loro regole anche a chi non crede, e vuole essere libero di decidere sulla propria vita.
Credo che sarebbe davvero ora di cominciare a dare battaglia su questi temi. 
Perchè di questo bigottismo antidemocratico non se ne può più.

La scelta di Brittany “Morirò il 1°novembre”

La 29enne malata di cancro ha deciso per il suicidio assistito in Oregon

Brittany morirà il primo novembre, come ha deciso dopo aver saputo che un tumore al cervello l’avrebbe uccisa nel giro di pochi mesi tra dolori atroci. «Non c’è una sola cellula del mio corpo - dice lei - che vuole morire.Voglio vivere.
Proprio per questo però, dovendo morire, ho scelto di farlo alle mie condizioni. Godrò a pieno ogni istante della mia esistenza, finché potrò.
Poi morirò. È una scelta etica, perché è la mia scelta».
Questa terribile storia, che sta riaprendo il dibattito sull’eutanasia negli StatiUniti, era cominciata all’inizio di gennaio, quando Brittany Maynard aveva cominciato ad avvertire forti mal di testa molto debilitanti. Aveva 29 anni, si era appena sposata con Dan Diaz, e viveva a San Francisco un’esistenza piena di promesse. La diagnosi dei medici l’aveva lasciata in stato di choc: tumore al cervello.
I dottori però le avevano dato qualche speranza: curare il cancro in maniera definitiva non era possibile, ma un intervento chirurgico avrebbe potuto ridurlo, dandole forse altri dieci anni di vita.
Poco dopo Capodanno Brittany si era fatta operare, sperando di tornare a una esistenza il più normale possibile.
Ad aprile, però, i dolori erano tornati. Il tumore non era stato fermato, ed era diventato un glioblastoma di quarto grado, cioè un cancro maligno che non lasciava più alcuna opzione per curarlo.
Secondo i medici, aveva poco più di sei mesi di vita.
Ricevuta questa terribile notizia, Brittany aveva valutato tutte le ipotesi di terapie praticabili, e si era convinta che nessuna l’avrebbe davvero aiutata. Le radiazioni totali del cervello e le altre opzioni disponibili avrebbero rovinato i suoi ultimi mesi di vita, senza darle una realistica possibilità di allungarla. Quindi aveva deciso di trasferirsi in Oregon, per approfittare della legge che in questo stato consente ai pazienti terminali di suicidarsi con l’aiuto di un medico. La famiglia aveva accettato la sua decisione e l’aveva seguita.
Brittany ha vissuto con intensità questi ultimi mesi, godendo soprattutto della natura insieme al padre, la madre, il marito, e il suo miglior amico, che è un medico. Ora però i sintomi stanno aumentando e annunciano che la fine è nente, quindi lei sta pianificando il suo suicidio assistito.
Il medico che l’ha visitata le ha già dato la ricetta per acquistare i farmaci letali e lei la porta sempre con sé. Nel frattempo, però, ha alcune cose da completare. Sta conducendo una campagna per favorire l’eutanasia, che al momento negli Usa è legale solo in cinque stati, e ha creato una fondazione per raccogliere fondi a questo scopo. Quindi sta registrando video per far conoscere la sua storia e la sua posizione, e appelli ai parlamentari della California affinché adeguino le leggi dello stato per consentire a tutti la «morte con dignità». Il 30 ottobre, poi, festeggerà per l’ultima volta il compleanno del marito. Due giorni dopo si stenderà sul letto, con lui, i genitori e il suo migliore amico al fianco, e prenderà le medicine della ricetta che ha in tasca.
PAOLO MASTROLILLI