lunedì 20 marzo 2006

Capo del governo per diritto divino

un Editoriale di Eugenio Scalfari del 20 marzo 2006 su La Repubblica

FASSINO HA detto di lui: "È un uomo disperato". Eco ha scritto: "La democrazia è in pericolo". D'Alema: "Demagogia e populismo allo stato puro". Giuliano Ferrara: "Meglio un colpo di Stato o almeno un colpo di teatro che la noia". I suoi giornali usciti ieri in crumiraggio: "Ha conquistato gli industriali". Pininfarina dopo lo show di sabato mattina: "Confusione mentale dovuta forse allo stress". 
Fini, Casini, Calderoli: "Avanti così". (Il presidente della Camera ha aggiunto l'ombra d'una riserva: "Lasciamo da parte le polemiche e pensiamo ai problemi concreti").
Quanto a Ciampi immagino, anzi ho fondato motivo di ritenere, che sia molto preoccupato di altri atti inconsulti in queste ultime tre settimane di campagna elettorale e anche dopo, fino a quando resterà a Palazzo Chigi in attesa che il nuovo capo dello Stato nomini il nuovo capo del Governo, cioè più o meno fino ai primi di maggio, ancora un mese e mezzo di passione nel senso della "Via Crucis".

Ma chi è, che cosa è diventato il Berlusconi di questa campagna elettorale? Una scheggia impazzita di un sistema istituzionale volutamente frantumato in cinque anni di bracconaggio legalizzato dalla maggioranza parlamentare? Un eversore disposto a tutto pur di non lasciare il potere? Un caso di egolatria da manuale psichiatrico?

Per fortuna siamo ancorati all'Europa. L'Europa avrà perso gran parte della sua forza propulsiva e questo governo ci ha messo del suo per azzopparla, ma nonostante sia male in arnese ha ancora forza sufficiente per impedire che l'Italia si trasformi in una zattera alla deriva. Ha ragione Prodi quando dice che il rilancio economico e politico dell'Europa rappresenta l'obiettivo principale sul quale dobbiamo puntare fin dai primi giorni dell'auspicabile governo di centrosinistra. Lo dice anche Tremonti e Fini e Casini.

Un po' tardi dopo cinque anni durante i quali hanno dato mano (Tremonti) o hanno subito in silenzio il picconaggio delle istituzioni europee e dello spirito che le teneva in piedi. Meglio tardi che mai, ma non troppo tardi. Una conversione in fin di vita può bastare per salvarsi l'anima ma non salva la credibilità d'una politica dissennata che ci ha screditato riducendo a zero il nostro prestigio in Europa e nel mondo. 
Sabato, nel suo comizio al convegno della Confindustria, il presidente del Consiglio ha urlato dalla passerella: "Abbiamo portato l'Italia al vertice del suo prestigio internazionale e voi che girate il mondo lo sapete".

Ebbene, chi gira il mondo e ha contatti sia con la gente sia con le istituzioni di altri paesi sa che il mondo ride di noi. Siamo ridiventati oggetto di dileggio e di sconsiderazione, un pessimo esempio da non imitare per il resto del mondo che pure non brilla per saggezza e senso di responsabilità. Nella classifica della competitività economica siamo scivolati al quarantasettesimo posto, ma in quella del prestigio siamo sotto zero, alla stregua del colonnello Gheddafi e forse anche più giù. Se non ci fosse Ciampi ci avrebbero già cacciati a pedate dai consessi internazionali.

Gli imprenditori che girano il mondo queste cose le sanno benissimo, anche quelli che gridano "Silvio Silvio" quando si sentono promettere che pagheranno solo il 5 per cento di tasse se Berlusconi vincerà. Il 5 per cento? Ci credono davvero? Nemmeno le allodole si farebbero accalappiare da specchietti così fasulli.

* * *

Che cosa ha detto Silvio Berlusconi nel comizio di sabato con il quale ha travolto le regole stabilite dalla Confindustria per poter agevolmente interrogare i due protagonisti dello scontro elettorale? "Il vero e sostanziale contenuto di quella presenza è stato l'esibizione del corpo del re. Quel corpo trasuda energia, ottimismo, capacità taumaturgiche, umori, sicurezza. Ma anche odio per il nemico e sopportazione infastidita degli alleati, disprezzo per le regole, noncuranza per le opinioni altrui. Logorrea. Luoghi comuni.

"Barzellette grevi. Sessuologia da taverna. Megalomania e egolatria. E due messaggi martellati senza risparmio: il pericolo del comunismo incombente, l'incompetenza e l'immoralità della sinistra. Questo è il messaggio che il corpo del re comunica dai teleschermi da lui saldamente occupati". 
Ho scritto queste frasi in un articolo intitolato "Su tutti gli schermi il corpo del re". La data è quella del 29 gennaio scorso. Durava già da un mese l'invasione barbarica delle radio e delle televisioni in spregio alle regole del pluralismo che proprio in quei giorni Ciampi ricordava con lettere pressanti indirizzate alla Commissione di vigilanza e al consiglio d'amministrazione della Rai. Da allora è scattata anche finalmente la norma della "par condicio" che è stata applicata una sola volta nel confronto con Prodi del 14 marzo. Dovrebbe ripetersi il 3 aprile, ma dopo quanto è accaduto ieri dubito molto che quell'appuntamento e il rispetto di quelle regole arbitrate da Bruno Vespa ci saranno.

Il leader di Forza Italia ha constatato la sua incapacità di contenersi, ha assaporato l'amaro della sconfitta in quell'occasione e nell'altra immediatamente precedente con Diliberto. Ha tentato di infrangerle nella trasmissione di Lucia Annunziata conclusa con il suo clamoroso ritiro.

Penso che non vorrà rispettarle mai più. Sta giocando la sua sopravvivenza politica, la difende come i felini difendono il loro territorio, ringhiando e artigliando. 
Disperato? Non credo. Confusione mentale? Non credo. 
Berlusconi è convinto di governare per diritto divino. 
Rivolgendosi a Della Valle dopo averlo pubblicamente insultato per malefatte gravissime insinuate senza alcuna precisazione, gli ha ingiunto di dargli del lei e ha atteso che i fischi della sua claque impedissero la replica della persona offesa. A De Bortoli che moderava l'incontro, dopo aver insultato anche lui come direttore del giornale "fazioso" 24 Ore, ha detto: "La smetta di contare il mio tempo con l'orologio".

Questi sono comportamenti da re per diritto divino, non da presidente del Consiglio di una democrazia parlamentare. E mandano in solluchero i tanti italiani che hanno il Parlamento a schifo dopo averlo riempito di dilettanti, demagoghi e voltagabbana.

Narrano le storie che Carlo IX di Valois, quello della notte di San Bartolomeo, quando giocava una partita al gioco di carte chiamato les hombres con qualche suo cortigiano, intascasse comunque la posta anche se aveva perduto e alle rimostranze dell'altro giocatore rispondesse invariabilmente "non dimenticate che io sono il re".

Appunto. Per il re non valgono le regole.

Ma voglio aggiungere un parola sul caso dell'Annunziata, censurata dall'Autorità delle comunicazioni. La sua condotta nella trasmissione di cui si è tanto parlato è stata, nella parte finale, decisamente sopra le righe, ma bisogna considerarla per intero quella trasmissione. È stata il tentativo inane della giornalista di poter porre domande e ottenere risposte; impedito dall'intervistato che faceva domande a se stesso e rispondeva a quelle e a non alle domande della giornalista, contro la quale lanciava insulti di faziosità e di incompetenza.

Dopo il caso Confindustria mi sento di inviare i miei complimenti a Lucia Annunziata e mi chiedo: cosa farà Vespa se il 3 aprile Berlusconi romperà le regole stabilite? Lo ridurrà al silenzio: e se non ci riuscisse gli spegnerà il microfono o lo lascerà libero di comiziare contro Prodi? E che cosa faranno i conduttori dei vari talk show se improvvisamente il presidente del Consiglio bussasse alla loro porta pretendendo di imbucarsi in una trasmissione che non prevede la sua presenza? Gli apriranno la porta o lo lasceranno fuori? E lasciarlo fuori sarà giudicato un comportamento censurabile dall'Autorità delle comunicazioni e dal consiglio della Rai?

* * *

Ci può essere di peggio e di più grave della già grave prevaricazione di regole di pluralismo e di parità stabilite da una legge dello Stato.

Ci possono essere altri atti inconsulti. Per esempio la denuncia, fin d'ora adombrata come evento certo, di brogli elettorali in caso di vittoria del centrosinistra. 
Provocazioni compiute da provocatori di professione nel corso di cortei e manifestazioni. Spionaggio degli avversari politici e fabbricazione di falsi dossier per infangare persone scomode e testimoni imbarazzanti. Ne abbiamo avuto esempi recenti. Altri, più gravi ancora, potrebbero verificarsi nel prossimo futuro.

Capisco l'angosciata vigilanza del presidente della Repubblica, il solo possibile antemurale contro ondate di avventura da parte di gente di avventura. 
Meglio un colpo di scena che una coltre di noia? Ebbene, questo è il massimo della décadence e del nichilismo. Ne prenda nota anche la Chiesa di Roma e non baratti gli aiuti alle scuole cattoliche con la libertà e la democrazia. Lo fece settantasette anni fa. Non credo che possa ripeterlo oggi senza doverne pagare un altissimo prezzo.

Quanto alla lista dei giornali reprobi indicati dal presidente (pro tempore) del Consiglio, nella quale abbiamo l'onore di essere compresi, tutti senza eccezioni si sono sempre attenuti alla regola di registrare le notizie con oggettività ed esprimere le loro libere opinioni sui fatti.

Le notizie non sono solo quelle che promanano dalle fonti del ministero, che spesso contengono falsità palesi.

L'ultima e più clamorosa ce l'ha data lo stesso capo del governo quando ha detto che la pressione fiscale nel 2001 era del 45 per cento mentre - dati dell'Istat alla mano - superava di poco il 41. O quando ha detto che il rapporto debito pubblico-Pil ereditato dal presente governo era di gran lunga superiore a quello attuale. E che l'avanzo primario del bilancio nel 2001 era inesistente.

Quanto alle opinioni dei giornalisti e degli editorialisti, esse sono libere e costituzionalmente garantite. Ho ammirato il sangue freddo di De Bortoli sabato mattina e la sua decisione di non rispondere agli insulti ricevuti. Ed ho ammirato la compostezza di Prodi. Il leader del centrosinistra avrebbe potuto chiedere alla Confindustria un supplemento di tempo per replicare; in fondo il maggior torto è stato fatto a lui che aveva rispettato le regole di fronte all'avversario che ha occupato un tempo doppio per insultarlo insieme ai partiti della sua coalizione.

Il sangue freddo e l'accenno di sottile ironia al premier "risanato" di De Bortoli: bravissimo. Ma resta che una prevaricazione è stata consentita, molti assenti sono stati insultati, quello presente, anch'egli insultato, non ha potuto rispondere. Non mi pare che quel "forum" si possa definire riuscito.

Quanto a coloro che si oppongono a questo genere di atti inconsulti, va bene così: hanno la natura d'un boomerang, checché ne pensi l'impareggiabile Emilio Fede che è stato in pari data insignito di un Oscar televisivo. Alla comicità?

20 marzo 2006