giovedì 26 dicembre 2002

Santo Stefano sul Delta

Giovedì 26 dicembre. I lauti pasti natalizi hanno senza dubbio incrementato la consistenza dell'adipe. Al risveglio, inoltre, una piacevole sorpresa: il sole. 
Due elementi sufficienti, l'aumento dell'adipe e la presenza del sole, che ci hanno portato a scegliere di impegnare la giornata con un sano giretto in moto. Non ho preparato itinerari o piantina, sono andato "a naso", puntando sul Parco del Delta. 
E' caldo. Il termometro digitale della Futura mi indica ben 9 gradi. Per velocizzare l'avvicinamento alla zona del Delta del Po utilizziamo la Statale Romea. Nei giorni precedenti è piovuto moltissimo. Occorre fare attenzione a moltissime buche che rovinano il nastro d'asfalto. 
Arriviamo nei pressi di Mesola e svoltiamo in direzione del "Gran Bosco della Mesola". Probabilmente il boscone è anche molto bello, purtroppo nel giorno di S. Stefano, i cancelli sono irrimediabilmente chiusi. Poco male, andremo per paesi. Ci dirigiamo quindi a Goro. Siamo già dentro il delta del Po. Sono riconoscibili le possenti opere dell'uomo, che nei secoli hanno costruito canali, strade e ponti, idrovore e chiuse, bonificando questo territorio e rendendolo vivibile e produttivo. Dal panorama piatto a perdita d'occhio spuntano solo i rari alberi, qualche campanile di paesi all'orizzonte, i tetti degli ampi casoni. 

  Raggiungiamo Goro, un paese di pescatori che deve l'esistenza della sua economia alla pesca e all'allevamento dei mitili. Se il paese, in sè, non ha molto da dire, merita invece una breve visita il porticciolo. Non ci sono i potenti motoscafi e gli agili velieri che si trovano nei porti turistici di Marina di Ravenna o di Rimini. Qui ci sono solo pescherecci, che in qualche caso contano molti e molti strati di vernice sul fasciame. 

Da Goro ci portiamo a Gorino, altro porto di pescherecci e altro paese che, in quanto architettura o memoria storica, non può certo dire molto. Ma è questa una costante del Delta: le piccole opere dell'uomo sono umili e concrete, senza fronzoli. Lo spettacolo ed i colori li fornisce la natura. Lo spettacolo di migliaia di aironi, martin pescatore, banali gabbiani. I colori della laguna, del mare, delle canne mosse dal vento. 
Non ho ancora trovato il modo di montare il GPS sulla Futura, e non ho ancora la borsa da serbatoio per poter tenere a vista una piantina. Vado a memoria e mi godo ogni strada asfaltata. Poi la strada finisce su un argine, in uno sterrato. E io faccio inversione. Non ho fretta, è festa, devo smaltire il pandoro. Claudia cerca di farmi fermare per fotografare ogni airone, che immancabilmente fugge all'apparire della macchina fotografica. 
Nei pressi di Gorino trovo un ponte di barche. Mi sono sempre piaciuti i ponti di legno. E' esaltante sentire le vibrazioni ed il rumore prodotto dalle assi che scricchiolano e si muovono. Troppo facile percorere a 130 all'ora i viadotti in cemento armato asfaltati. I ponti di barche hanno giunture in metallo, assi sconnesse. Il limite è 5 chilometri all'ora. Cento metri che rimangono in memoria: suoni, vibrazioni, attenzione. Il pedaggio è irrisorio. 
Dall'altra parte del Ponte di Barche troviamo uno strano agglomerato di case: Gorino Sullam. Sui muri di molte case la scritta "Condominio Gorino Sullam". Probabilmente una cooperativa che ha compiuto la bonifica e ha costruito anche gli alloggi per chi avrà poi dovuto lavorare in quelle terre. Archeologia cooperativa... 
Siamo alla Bocca del Po di Goro. Di fronte a noi l'Isola dell'Amore, con il famoso faro. Spengo il biciclindrico. Non si sentono rumori creati dall'uomo. Il vento, i richiami degli uccelli, qualche ramo che scricchiola piegato dalla corrente del fiume. Bellissimo. Sembra impossibile essere a poco più di un'ora di viaggio da casa! 
Troviamo un altro ponte di barche che ci fa attraversare il Po di Gnocca: vogliamo raggiungere la Sacca degli Scardovari. Il custode non ci fa pagare. Non ho guardato se fosse previsto il transito gratuito per le moto oppure si sia trattato di un omaggio di S. Stefano: comunque grazie e auguri! 
Passiamo San Giulia ed eccoci alla Sacca degli Scardovari: è una grande insenatura di acqua marina protetta da un'invisibile fascia sabbiosa. Il luogo ideale per gli allevamenti di mitili. Infatti sono centinaia gli insediamenti del genere, tutti immancabilmente dotati di un capanno du palafitte e barchetta di servizio legata a riva. 
La strada, ben tenuta e anche dotata di qualche curva ammazza-noia, costeggia tutta la sacca. Si tratta di un'opera realizzata con la bonifica del 1912, troviamo spiegato in alcuni cartelli posizioniati dall'Ente Parco del Delta. Troviamo anche una torre da avvistamento, in legno, a disposizione dei turisti e dei fotografi: vinco le mie vertigini e ne approfitto anch'io!!! 
Incrociamo anche qualche moto. 

Una Suzuki GSX-R ci saluta. Pochi minuti dopo ci supera. Poi ce la troviamo ferma poco più avanti: con il pilota che ci fa cenno di fermarci. "Come va la Futura??? Sono andato a trattarla dal concessionario Aprilia, ma non conosco nessuno che ce l'abbia, allora mi son fatto coraggio e ti ho fermato per chiederti informazioni e pareri...". E' il bello del motociclismo... 
Mezz'ora di chiacchiere con uno sconosciuto. Il consiglio di arrivare fino al porticciolo turistico di Barricata e poi di tornare indietro: in questi giorni l'acqua è molto alta, e alcune strade sono state quasi allagate dall'acqua salmastra "non vorrai mica viaggiare nell'acqua salata con una moto così?" mi sgrida in anticipo. 
Il pomeriggio sta avviandosi all'imbrunire. Nonostante l'alta temperatura (quanti moscerini in dicembre, non mi sari mai aspettato di vederne così tanti) è ora di rientrare. Ci dirigiamo senza dubbi sulla "Romea" e verso il traffico della giornata festiva. 
La moto ci ha regalato anche oggi sensazioni uniche e un S.Stefano non banale e da ricordare!

Nessun commento: