giovedì 14 marzo 2024

Ciao Gigi

Luigi (Gigi) Rivola
Ho appreso ieri sera della scomparsa di Luigi (Gigi) Rivola

Mi spiace immensamente. Era una persona squisita ed un appassionato vero. 

Ricordo che quasi vent'anni fa, per uno dei primi numeri della rivista che curo per l'associazione per la quale lavoro, volli realizzare un piccolo speciale sulla 'terra de' mutór'.

Avevo conosciuto Luigi Rivola a qualche evento motociclistico in zona, quindi mi feci coraggio e lo contattai. Mi chiese solo di non avere fretta, poi mi fece arrivare un breve 'pezzo' con aneddoti simpatici e storici su quella passionaccia così forte e tenace dalle nostre parti... che fa anche economia. Su quel pezzo, per me prezioso, corredato anche di alcune foto davvero storiche tratte dal suo immenso archivio, costruii uno speciale di tante pagine, inserendo box di mia realizzazione... ed uno lo dedicai a lui.

In quel momento Gigi era Caporedattore di Dueruote e Motonline, nonchè inviato per quelle testate per seguire tutte le gare del Mondiale Superbike, ma ovviamente fece tutto gratis, come favore ad uno sconosciuto motociclista ravennate quale ero e sono tutt'ora. 

Umile, gentile, appassionato, competente... un Romagnolo di quelli di una volta.

Ciao Gigi, a s’av dèm 👍

Trascrivo qui l'articolo di Gigi ed il box che gli dedicai in quel novembre 2005:

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La terra 'de Mutòr' di Luigi Rivola (scritto a novembre 2005)

Francesco Baracca
amava rischiare in volo,
ma anche a terra
sulla sua moto
Peugeot

La passione per i motori è una caratteristica dei romagnoli. Con una riflessione di Luigi Rivola, Caporedattore di DueRuote, andiamo alle origini di questo amore per le corse ...

Avevo 25 anni e stavo scrivendo il mio primo libro: “La Rumagna de’ Mutor”, frutto di lunghe e appassionate ricerche nella biblioteca comunale di Faenza. Di ciò che era accaduto tra il 1880, anno in cui i romagnoli avevano cominciato a manifestare evidente interesse per la bicicletta, e il 1903-4, quando erano apparse nella nostra terra le prime biciclette a motore, avevo appreso quasi tutto leggendo le cronache dei settimanali locali. Avevo messo insieme migliaia di appunti sui fatti, sui luoghi e sulle persone, era giunto il momento di uscire dalla biblioteca e di cercare le testimonianze vive nei ricordi delle persone, nelle immagini, nei documenti.

Quel giorno mi ero messo alla caccia di un tale che nel 1920, cavalcando una Indian 1000, aveva vinto una corsa a Faenza. Avevo raggiunto Bagnacavallo, dove risultava che vivesse all’epoca, e avevo cominciato l’indagine nelle solite e in genere molto redditizie “cave”: vecchie edicole, botteghe di fornai e soprattutto di barbieri chiaramente aperte da generazioni. 

Le sfide, coi padrini
come nei duelli:
a destra il ravennate Basigli,
pilota ufficiale della Marini
di Alfonsine (Anni ’20)

“Qualcuno si ricorda si ricorda di Francesco ... ?”
– chiedevo a tutti, fornendo i pochi dettagli di mia conoscenza. Un barbiere mi diede la prima traccia: “Io non l’ho mai conosciuto, ma me ne hanno parlato, e se chiede a quel vigile, penso che lui sappia dirle qualcosa di più”.

Il vigile era sull’orlo della pensione e si ricordava vagamente di Francesco ....

“Lui è andato via da Bagnacavallo molti anni prima della guerra, ma qui ha lasciato sua moglie e sua figlia. Abitano là”.

Suonai a quel campanello. Mi aprì una signora molto anziana che mi squadrò con evidente curiosità mista alla diffidenza che i vecchi hanno nei confronti delle persone giovani e sconosciute.

“Desidera?”

“Vorrei notizie di Francesco ...”.

Il faentino Aristide Gaddoni perse una gamba
in gioventù, ma amava tanto le moto e le corse,
che se ne costruì una finta e si mise a correre.
Vinse la prima Coppa dell’Adriatico
nel 1920 con una Harley Davidson 1000
 (nella foto) e fu vittima di un incidente
mortale nella seconda, mentre era al comando

La vecchia signora mi guardò in modo strano, fece un passo indietro come per prendere le distanze da un ricordo scomodo e guardandomi fisso negli occhi mi rispose: “Anch’io”.

Francesco ... subito dopo la prima guerra mondiale era diventato un giocatore d’azzardo professionista. Guadagnava soldi con le carte e li spendeva con le moto, con le quali si misurava – vincendo anche, come abbiamo visto – in altre sfide dove l’azzardo era pure un componente fondamentale. Un giorno aveva vinto una partita contro un avversario sbagliato, uno che veniva da fuori e che non amava affatto perdere. Era dovuto fuggire ed era fuggito lontano, in America, tagliando definitivamente i ponti con tutto ciò che si era lasciato alle spalle. 

Una grande paura o una scusa? Fatto sta che la giovane moglie e la figlia non ricevettero mai né una lettera, né un soldo, né una notizia di alcun genere, finché un giorno di un anno imprecisato si fece vivo a Bagnacavallo un ragazzone americano che aveva fatto il militare nella NATO in Germania e che, prima di rientrare in patria, aveva deciso autonomamente di passare dall’Italia a conoscere i luoghi in cui era nato suo padre, anche solo per raccontarlo ai suoi fratelli...

Giuseppe Zoli, campione romagnolo
gentlemen 1914 in sella a
una moto SIAMT 750
bicilindrica costruita a Torino

La vicenda mi convinse definitivamente in merito a un argomento sul quale da tempo andavo ragionando: la grande passione che i romagnoli avevano manifestato istantaneamente per le biciclette e per le motociclette aveva una stretta connessione con quella che era addirittura ritenuta una piaga specifica della Romagna: il gioco d’azzardo. In Romagna si è sempre giocato. 

Ho avuto modo di leggere su una “Gazzetta di Bologna” di metà ‘800 un editto papale contro questa “piaga” che affliggeva i romagnoli. E che – come tutti sanno, anche se poco si dice – li affligge ancora, sia con le carte, sia con quel micidiale (per il portafogli) gioco misterioso che è in uso solo in Cina, in Giappone e in provincia di Ravenna: il Mah jong.

L’amore per il gioco d’azzardo è solo un’espressione, la più pacifica e meno rischiosa, del carattere dei romagnoli, che erano e sono noti ovunque come teste calde, sanguigni, rissosi, pur non venendo negati loro altri eccellenti pregi, che miscelati ai difetti formano caratteri abbastanza fuori della norma.

Al romagnolo piace mettersi alla prova e sfidare gli altri. Al romagnolo piace provare il brivido del rischio. La bicicletta prima, e la motocicletta poi, gli si sono presentate come la sublimazione delle sue passioni: l’ideale per sfide continue, con l’aggiunta del rischio legato alla velocità. Come resistere?

Francesco ... non era il solo. Ce n’erano altri che giocavano spesso e correvano in bici e in moto a Ravenna, a Faenza e Lugo, ma anche a Cesena e a Rimini, insomma, avevo ascoltato storie del genere in tutta la Romagna: Francesco ... era semplicemente l’unico – per quanto di mia conoscenza – che delle carte aveva fatto una professione.

Tutti i motociclisti sono dunque giocatori d’azzardo? A mio parere potenzialmente sì, ma naturalmente la realtà è ben diversa: tra la fine dell’ ‘800 e l’inizio del ‘900 un processo logico e cronologico portò gli appassionati giocatori a cercare sensazioni ancora più forti nella guida delle prime motociclette. Oggi il primo passo non è più necessario: si può salire direttamente in sella. 

Anche perché, se ci si sofferma prima a fare qualche partita, con quello che costano oggi le moto c’è caso di giocarsi l’acquisto anzitempo...

LUIGI RIVOLA

Pubblicato su AziendePiù - novembre 2005


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DueRuote nel 2005.
Rivola ne era Caporedattore

Luigi Rivola
, autore di questa simpatica riflessione sulle origini della passione per i motori dei romagnoli, ha corso nelle classi 250 e 500 dal 1970 al 1974.

Nel 1988 ha chiuso definitivamente con lo sport stabilendo, con la Gilera 125  (con altri tre piloti), quattro record mondiali di velocità tuttora imbattuti (6 ore - 1000 km - 12 ore - 24 ore) sul circuito di Nardò. 

Giornalista dal 1973, ha scritto 8 libri sul motociclismo: il primo edito in proprio, gli altri per Mondadori, Longanesi, Vallardi, Conti, Giorgio Nada; quasi tutti sono stati tradotti in diverse lingue e venduti anche all’estero e a volte ristampati. Ha anche collaborato alla sceneggiatura del programma in quattro puntate “Storie di Uomini e di Moto”, prodotto Rai 1.

Nel corso della propria attività giornalistica ha collaborato con “Moto Sport”, “Motociclismo”, “Motosprint”, “La Moto” e “SuperWheels” e con testate specializzate giapponesi, americane, francesi e spagnole. Dal 2000 ricopre il ruolo di caporedattore del sito internet www.motonline.com, fondato dal Gruppo Merloni. All’inizio del 2005 il sito è stato acquistato dalla Editoriale Domus di Milano che gli ha affiancato la nuova rivista mensile Dueruote, prodotta dalla stessa redazione di Motonline. 

Oggi Luigi Rivola è caporedattore di Dueruote e Motonline e inviato alle corse del campionato mondiale Superbike.

Pubblicato su AziendePiù - novembre 2005

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